Il consenso informato – I casi particolari


Premessa

Abbiamo già individuato nel precedente articolo le ipotesi di raccolta del consenso che potremmo definire ordinarie. Come si può infatti agevolmente immaginare vi sono delle situazioni in cui il medico, per le circostanza del caso concreto, non ha l’oggettiva possibilità di fermarsi con il paziente elencare le possibilità operative, consentirgli di riflettere o attendere un soggetto che possa ricevere le informazioni al suo posto. Ancora potrebbe darsi il caso che il soggetto che deve ricevere le cure sia un minorenne oppure una persona in stato di evidente incapacità di comprendere le informazioni ricevute.
Come si può agire per evitare di incorrere nella violazione dei diritti del paziente?

Casistica
Allorché sussistano condizioni di urgenza ed in caso di pericolo per la vita di una persona, che non possa esprimere, al momento, volontà contraria, il medico deve agire e prestare l’assistenza e le cure indispensabili. Naturalmente questa ipotesi deve intendersi rigorosamente circoscritta ai soli interventi di estrema necessità e, ad esito degli stessi, va comunque esposta in maniera dettagliata la situazione al paziente. Gli unici casi esclusi sono quelli in cui il paziente abbia già fornito ai sanitari disposizioni diverse in un momento precedente alla situazione di criticità. Si tratta delle cd. DAT (Disposizioni Anticipate di Trattamento) con le quali il paziente può validamente prestare o meno il consenso a determinati possibili interventi in via anticipata. Si pensi a titolo esemplificativo del paziente consapevole di essere in fase terminale che rifiuta la rianimazione e a favore della sedazione profonda.
Al di fuori di questa particolari ipotesi, quanto si tratta, tipicamente dei cd. interventi salva-vita, il consenso viene ritenuto presunto.
Laddove il soggetto che deve ricevere l’intervento diagnostico o terapeutico sia minorenne, interdetto o sottoposto ad amministrazione di sostegno il consenso deve essere rilasciato dal legale rappresentante.

In materia di responsabilità sanitaria, l’inadempimento dell’obbligo di acquisire il consenso informato del paziente assume diversa rilevanza causale a seconda che sia dedotta la violazione del diritto all’autodeterminazione o la lesione del diritto alla salute posto che, se, nel primo caso, l’omessa o insufficiente informazione preventiva evidenzia “ex se” una relazione causale diretta con la compromissione dell’interesse all’autonoma valutazione dei rischi e dei benefici del trattamento sanitario, nel secondo, invece, l’incidenza eziologica del deficit informativo sul risultato pregiudizievole dell’atto terapeutico correttamente eseguito dipende dall’opzione che il paziente avrebbe esercitato se fosse stato adeguatamente informato ed è configurabile soltanto in caso di presunto dissenso, con la conseguenza che l’allegazione dei fatti dimostrativi di tale scelta costituisce parte integrante dell’onere della prova, gravante sul danneggiato, del nesso eziologico tra inadempimento ed evento dannoso. Ciò non esclude comunque che, anche qualora venga dedotta la violazione del diritto all’autodeterminazione, sia indispensabile allegare specificamente quali altri pregiudizi, diversi dal danno alla salute eventualmente derivato, il danneggiato abbia subìto, dovendosi negare un danno in “re ipsa”.