APERTURA DI UN SINISTRO: IL PUNTO DI VISTA DEL PAZIENTE

Premessa
Per apertura di un sinistro, in ambito civilistico, possiamo intendere qualsiasi conseguenza dannosa che sia l’esito di un atto sanitario o in generale di un trattamento sanitario (a titolo esemplificativo: una visita, un ricovero o un intervento). Sostanzialmente qualsiasi attività da cui sia derivato un danno per il paziente o per un suo parente. Infatti è possibile agire contro la struttura sanitaria od i sanitari stessi sia in nome e per conto proprio (quindi per esempio per un intervento che non ha curato la malattia o l’ha aggravata) sia per far valere il danno causato dalla perdita di un familiare (per esempio perché la diagnosi sbagliata ha comportato la morte del fratello o di un genitore).
Come valutare la sussistenza di responsabilità
Quando si ha il dubbio che l’attività medica abbia cagionato dei danni è importante rivolgersi a dei professionisti. Può infatti darsi il caso che il danno effettivamente ci sia, ma che non sia imputabile in alcun modo a carenze della struttura sanitaria o degli operatori che vi lavorano all’interno. Pensiamo ad esempio ad un intervento effettuato in seguito ad un sinistro stradale che non abbia del tutto risolto i problemi derivanti da una frattura alla gamba, per cui non sarà più possibile per il paziente camminare senza un tutore: ecco in questo caso può ben essere che l’intervento chirurgico sia stato eseguito tempestivamente ed al meglio dal medico, ma che il trauma fosse talmente grave da non consentire di rimediare totalmente ai danni subiti. In questo caso i danni derivanti dalle limitazioni alla funzionalità dell’arto che il paziente rilevi dopo l’intervento non potranno essere posti a carico dei medici o della struttura.
In prima istanza dunque è utile rivolgersi ad un avvocato (ovvero ad un’infortunistica o ad altre forme associative a tutela dei diritti) per farsi affiancare nella gestione della vicenda. Il primo passaggio fondamentale è raccogliere tutta la documentazione sanitaria del paziente danneggiato che dovrà essere valutata da un medico-legale al fine di verificare: la sussistenza di una danno derivante da attività sanitaria e la sua quantificazione.
Deve essere comunque chiaro che è certamente possibile inviare una lettera con le richieste risarcitorie anche senza aver chiesto un parere medico-legale. Tuttavia così facendo risulta molto complesso individuare l’importo del risarcimento nonché si corre il rischio di formulare una richiesta priva di fondamento. Va sul punto tenuto presente che trasmettere una richiesta risarcitoria senza specifiche rende quantomeno difficile avviare una trattativa proficua. Questo perché chi riceve la richiesta non ha modo di avere già in prima battuta un quadro chiaro della contestazione che viene mossa.
Da ultimo va evidenziato che per poter consentire al medico-legale di fare una valutazione completa lo stato del paziente deve essere (almeno in grand parte) stabilizzato. Quindi per esempio ad esito di un intervento mal riuscito alla spalla, il paziente potrebbe attraversare un primo momento in un cui il braccio risulta totalmente bloccato, un secondo in cui, iniziando la fisioterapia, il braccio inizia a recuperare dei movimenti e, solo dopo quattro mesi, verificare che ha definitivamente perso le capacità di movimento nella misura del 50%. Sarà in questo ultimo momento che il danno potrà dirsi stabilizzato e potrà essere fatta una valutazione definitiva sulla lesione subita.
Sul punto va tenuto presente unicamente che il termine di prescrizione per l’esercizio dell’azione è di 10 anni (per la responsabilità contrattuale) e di 5 anni (per la responsabilità extracontrattuale).
Come procedere una volta verificata la presenza di un danno da responsabilità medica
Una volta accertato e quantificato il danno è consigliabile, come primo passaggio, far trasmettere dal proprio fiduciario la richiesta di risarcimento. Questa missiva è idonea ad interrompere la prescrizione. Si tratta sostanzialmente di una lettera, che può essere rivolta unicamente alla struttura oppure sia alla struttura che ai sanitari coinvolti, con la quale vengono descritti i fatti, quantificati i danni e richiesto il risarcimento. La lettera potrà essere inviata anche solo al sanitario laddove il paziente sia stato trattato da un professionista che lavora completamente in proprio.
Le tempistiche a questo punto sono variabili perché la struttura potrebbe avere una propria compagnia assicurativa da attivare o valutare la necessità di coinvolgere i propri sanitari (che a loro volta dovranno sentire le proprie assicurazioni). In genere passa qualche mese prima di ricevere un riscontro compiuto che può essere o un rigetto (perché non vengono ritenuti sussistenti profili di responsabilità) oppure la formulazione di un’offerta per definire la vicenda fuori della aule dei tribunali. Come già chiarito i tempi possono variare secondo molteplici fattori quali la complessità del caso o il numero di soggetti coinvolti.
Certamente la trattativa potrebbe comportare delle riduzioni dell’importo richiesto con la prima richiesta, ma d’altronde assicura un tempo molto più veloce di un giudizio per la chiusura della pratica nonché più economico considerato che la causa comporta che, in attesa del provvedimento conclusivo, sia il paziente a sostenere le spese di giudizio. Ad ogni modo la valutazione deve essere compiuta caso per caso con l’assistenza dal proprio professionista di fiducia.
Comunque se il sinistro viene chiuso dopo questa trattativa non vi sono ulteriori problemi, salvo verificare il buon fine dei pagamenti. Diversamente si aprirà la possibilità di avviare il procedimento di mediazione ovvero di depositare un ricorso ai sensi dell’art. 696-bis c.p.c. (accertamento tecnico preventivo con finalità conciliative). La scelta è rimessa al danneggiato (ed è assolutamente da valutare sempre con l’aiuto di un professionista), ma è comunque obbligata, nel senso che la Legge Gelli-Bianco stabilisce che per ottenere il risarcimento in via giudiziale sia necessario attivare una di queste due procedure.